I mosaici sono fatti di una moltitudine di piastrelle, di tasselli. E ognuno può esser considerato come un tassello di questo mosaico. Ma i tasselli non sono come quelli di un normale mosaico, senza vita, inanimati.

Nel mosaico ognuno è una       piastrella viva, che comprende, capisce il proprio posto, conosce quello degli altri, ed è cosciente anche del significato di se stessa nell’insieme. Anzi, vede con evidenza che essa ha valore soltanto nell’insieme. Nello stesso tempo però le è chiaro che, se mancasse, il mosaico risulterebbe incompleto.

Naturalmente, non tutti i tasselli del     mosaico sono uguali. Ognuno è investito di un proprio compito e ha il dovere di stare al proprio posto. Ognuno ha la propria missione, e deve mantenersi fedele ad essa. Ognuno, come tassello del mosaico, non deve scostarsi dal proprio luogo perché, solo se fa in questo modo è in comunione concreta con tutti, con il dono della propria vita in quel dato dovere espletato. Ognuno ama tutti gli altri soltanto se fa così e così ognuno ne è riamato, perché pure gli altri vivono per lui.

Ecco la reciprocità e l’unità dell’immenso, bellissimo mosaico, in quanto corpo  vivo.

Immaginiamo un mosaico con la figura di un giovane e qualche piastrella che dice: «Guarda, la cosa più bella di questo mosaico sono gli occhi di questo ragazzo. Sono veramente vivi. Io voglio diventare l’occhio!». E pensiamo se altri dicessero frasi simili: che mosaico avremmo? Non avremmo certo un mosaico! Avremmo qualcosa di mostruoso e d’incomprensibile.

Siamo tasselli vivi, tutti collegati e che ognuno partecipa del tutto. E che, se non c’è quella particolare piastrella, viene a mancare qualcosa a tutto il resto, e ognuno ne soffre.

Occorre stare ben aggrappati al proprio compito, star fermi al proprio posto, compiere cioè bene, momento per momento, la volontà che Dio ha su di ciascuno.

(adattamento da Chiara Lubich, Santità di popolo)