04.09.2016 – 23^ Tempo Ordinario: C’è una via da percorrere

04.09.2016 – 23^ Tempo Ordinario: C’è una via da percorrere

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,

Si annota che “una folla numerosa andava con Gesù (v. 25). E traspare come il dubbio che ci sia stato un equivoco, che le folle abbiano frainteso le sue parole. Si volta e comincia a spiegare che cosa comporta la scelta di essere discepoli.
Egli fa tre richieste, molto dure, che si concludono con il medesimo ritornello: non può essere mio discepolo!
Iniziamo con una precisazione: se uno viene a me – dice Gesù – non “se uno vuol venire dietro di me”. È una differenza sottile, ma significativa perché rivela l’intenzione dell’evangelista. Luca vuole indirizzare le parole di Gesù ai numerosi convertiti delle sue comunità i quali sono attratti dal Maestro, provano simpatia per lui e per il suo messaggio, ma sono anche tentati di “addomesticare” il Vangelo, di renderlo abbordabile.
1. L’affermazione di Gesù: “se uno viene a me e non mi ama più di …”, non intende lo scarto del meno ma luce per illuminare persone, vita e cose materiali; le fa vedere nella verità.
Tutto Dio ha voluto ma si è riservato la lettura delle progettualità. Tutto serve ma non può mettere Dio a lato o, addirittura, scartarlo. Per cui tutto è bello – casa e famiglia, ciò che si possiede per vivere e soprattutto la vita da vivere – ma più bello è Dio che tutto ha ideato e mette ordine armonizzando il tutto.
Amare più significa ricordare l’origine, il principio quando Dio ha tutto pensato e voluto. E questo Amore è verità oggi e sempre, mentre tutto il resto è provvisorio; “passa infatti la figura di questo mondo! (1 Cor 7,31).
2. Gesù poi non fa una richiesta di rassegnazione, ma di disponibilità a testimoniare, anche con la vita, la propria fede. Il martirio è una eventualità da mettere in conto perché la proposta di vita nuova – quella delle Beatitudini – è sconvolgente. È questa la vera croce del discepolo: soffrire per il vangelo e per ciò che esso comporta.
3. Non si tratta infine di dare qualche spicciolo in elemosina. Bisogna rinunciare a tutto. Non è uno scherzo! E ciò non vale per gli Istituti di perfezione ma per tutti i cristiani.
Anche per noi
• Ricondurre nella famiglia la realtà del dono reciproco.
Abbassare la soglia di sicurezza per giungere ad una posizione di rischio; passare dalla realtà di sistemazione ad avamposto di iniziative pastorali e sociali; da oggetto divenire soggetto di evangelizzazione e quindi missionaria. Dove il “lasciare” è per essere ognuno se stesso.
• Ridare la vera identità alla croce.
Il “crocifiggilo”, “sia crocifisso” è la condizione di chi riconduce la storia e soprattutto l’uomo alla loro vera condizione. La storia e l’uomo oggetto dell’attenzione di Dio Amore che si manifesta Padre senza discriminare alcun figlio. E ciò è vera croce!
• Riordinare e riequilibrare i rapporti dentro le comunità cristiane.
E questo attraverso iniziative in cui vince la comunione e sempre di meno il protagonismo di qualcuno.