20.07.2014 – 16^ Tempo Ordinario: Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo Mt 13,24 …

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,

Ci assomiglia, non sta sopra o lontano da noi ma diventa vero attraverso i nostri gesti quotidiani e i nostri sentimenti umani. Dio ha fede in noi fin dalla creazione quando ci ha fatti a sua immagine e somiglianza. Per questo il regno dei cieli ci riguarda non come spettatori ma come intimi partecipanti al suo dramma di attuazione nella storia e nella realtà del mondo:

–                   Nella realtà di «lievito». Come il pane che lievita nel silenzio e nella calma della notte senza fare troppo rumore eppure donandosi in pienezza di vita;

–                   «simile a un granello di senape» che è «il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero»…che sa crescere senza disturbare e senza impressionare.

Le parabole di Gesù sono una scuola di fiducia. Giovanni Crisostomo commenta: «Tuttavia non portò l’esempio del fuoco, ma del lievito. Perché? Perché nell’incendio non tutto procede dal fuoco, ma anche dalla legna che arde; il lievito invece fermenta tutto unicamente per la sua forza intrinseca. Ora se dodici uomini hanno fermentato tutta la terra […] dovremmo essere in grado di fermentare mille mondi».

Per questo non ci si deve preoccu-pare di separare in fretta e furia, ma di rimanere in quella fiducia di fondo che non permette mai di disperare ma di confidare sempre nella crescita che sola ci permette di differenziare bene la zizzania senza sradicare anche il grano.

1.         Per vivere.
–         Amare ogni uomo, non scartare mai nessuno.

–         Dialogare donando la Parola senza forzarne lo sviluppo. La pianticella cresce col tempo e non tirando su la prima radichetta.

–         Togliere prima in noi l’egoismo perché ci sia sempre meno manovalanza ad alimentarlo intorno. Sempre “meno 1” magari tolto all’operazione negativa come fu con Paolo prima persecutore determinato dei cristiani e poi fiero annunciatore di Gesù fino a dire: “per me vivere è Cristo e morire un guadagno” (Fil 1,21)

–         Ricordare che per il cristiano non vale il tanto che fa, ma il come lo fa. Si tratta di adempiere il piano che Dio ha su ciascuno, e non di più, e certamente però non di meno; è lavorare al proprio posto, adorando la sua volontà che ci obbliga non solo all’attimo presente nel tempo, ma ad un solo particolare dell’opera che dobbiamo compiere nei mondo.

Certo, se si è disuniti, come tanti pezzetti staccati, si ha l’impressione di concludere piuttosto poco. Ma se si è uniti, quello che fa uno lo si vede in funzione di quanto fanno gli altri.

Amiamo dunque quel sorriso da donare, quel lavoro da svolgere, quella macchina da guidare, quel pasto da preparare, quella attività da organizzare, quella lacrima da versare per Cristo nel fratello che soffre, quell’avvenimento lieto da condividere festosamente, quel vestito da ripulire…

Tutto, tutto può diventare strumento per dimostrare a Dio e ai fratelli il nostro amore. Tutto è stato consegnato nelle nostre mani e nel nostro cuore, come il crocifisso al missionario, per l’evangelizzazione che dobbiamo operare nel mondo.

 


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