29.12.2019 – Santa Famiglia di Nazareth: Un ponte per famiglia

29.12.2019 – Santa Famiglia di Nazareth: Un ponte per famiglia

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,

“Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto” (Mt 2,13): è il momento in cui Gesù deve fuggire.

“Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19,29): è il momento del lasciare.

“Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.” (Fil 2,6.7): è il momento dell’umiltà e dell’umiliazione.

“Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9,58): è la realtà del provvisorio.

“Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20,28): È la disponibilità al servizio totale.

“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Lc 5,31): agire per guarire le ferite.

“Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24): è il passaggio da sé agli altri. Non pensare solo al proprio bene, a ciò che si è o si ha, in quanto è dono di Dio tra trafficare, e far propria la scelta di Paolo: “Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14).

Papa Francesco in un intervista (19.08.2013) afferma: «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. Si devono curare le sue ferite»: è il tempo di uscire:

Ecco come lo descrive nell’Amoris Letitiae.

Gesù «aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza» (EG 270) – 308

“Cerchiamo ora di accostarci alle crisi matrimoniali con uno sguardo che non ignori il loro carico di dolore e di angoscia” (234)

«Le persone divorziate ma non risposate, che spesso sono testimoni della fedeltà matrimoniale, vanno incoraggiate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato. La comunità locale e i Pastori devono accompagnare queste persone con sollecitudine, soprattutto quando vi sono figli o è grave la loro situazione di povertà» (242)

“Ai divorziati che vivono una nuova unione, è importante far sentire che sono parte della Chiesa, che “non sono scomunicati” e non sono trattati come tali, perché formano sempre la comunione ecclesiale. Queste situazioni «esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promuovendo la loro partecipazione alla vita della comunità” (243)

“Tutte queste situazioni (La scelta del matrimonio civile e la semplice convivenza), vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza». È quello che ha fatto Gesù con la samaritana (cfr Gv 4,1-26): rivolse una parola al suo desiderio di amore vero, per liberarla da tutto ciò che oscurava la sua vita e guidarla alla gioia piena del Vangelo” (294).

Sentiamo, su questo, l’esperienza di una mistica del nostro tempo, Chiara Lubich: “Ciò che mi fa male è mio. Mio il dolore che mi sfiora nel presente. Mio il dolore delle anime accanto (è quello il mio Gesù). Mio tutto ciò che non è pace, gaudio, bello, amabile, sereno…, in una parola: ciò che non è Paradiso. Poiché anch’io ho il mio Paradiso ma è quello nel cuore dello Sposo mio. Non ne conosco altri”.

È sempre un fuggire da ciò che è sicurezza personale, ciò che accomoda. La gioia sta in questo gioco d’amore: da me agli altri e per gli altri. Per me rimane la gioia di amare.