Come pensa di trascorrere i primi “cento giorni” a Perugia?

“Anzitutto cercherò di portare davanti alla Madonna delle Grazie le attese delle nostre comunità, delle nostre famiglie. Di affidare a lei anche il mio servizio, chiedendo che sia lei ad aiutarmi a essere un Pastore buono, un Pastore che sappia davvero avvertire quello di cui le persone hanno bisogno, e cercare di ‘esserci fino in fondo.
Nei giorni che seguiranno cercherò di conoscere i primi collaboratori, di mettermi in ascolto di quanto vorranno condividere, di cercare di imparare un po’ la lingua umbra, senza presunzione e con la necessaria umiltà; e nel contempo di essere aiutato anche a compiere le prime scelte.
La mia agenda è bianca, è vuota, e sono contento: è la prima volta che mi si presenta un tempo davanti così sgombro. Ecco, più che riempirla di appuntamenti, vorrei riempirla di volti, di persone, anche di problemi, cercando insieme – se non di superarli – almeno di affrontarli, con quella speranza che nasce dall’esperienza evangelica e dal sentire che non c’è ‘un uomo solo al comando, ma siamo all’interno di un’esperienza di fraternità dove ciascuno con la responsabilità che gli è stata affidata, cerca di educarsi e di educare, di guidare e anche di essere guidato”.
Arrivando nella sua nuova diocesi, attraverserà vari luoghi-simbolo. Come li vivrà?

“L’amore alla gente passa attraverso la conoscenza del territorio, attraverso un lasciarsi plasmare dalla ricchezza di tradizioni, spiritualità, fede, cultura. Passa attraverso quella conoscenza delle persone che ci fa comunità, che ci fa Chiesa.
Dai giovani penso che abbiamo tante cose da imparare, anche come Chiesa, cercando nel contempo di far sì che la Parola del Vangelo possa correre anche oggi tra di loro.
Il Papa poi non si stanca di richiamarci quanto i poveri abbiano da insegnarci. Non si tratta certo di edulcorare la povertà, che rimane tante volte un’umiliazione, una forma di degrado, quanto piuttosto di camminare con questi fratelli e condividere ciò che siamo, ciò che abbiamo, e di lasciarci aiutare da loro ad andare sempre più all’essenziale.
Cercherò di essere Pastore, sì, ma ricordando che il Pastore è uno e uno solo, e rimane il Signore Gesù. Nella misura in cui saprò e sapremo camminare con lui, diventerà una bella partita. Diventerà una vita buona secondo il Vangelo”.

R. L. – D. R. da la Voce del 09.09.2022