14.07.2024 – 15 ^ Domenica del Tempo Ordinario: LA COMUNITÀ CHE EVANGELIZZA – Mc 6,7-13
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,A differenza dell’induismo, del buddismo e di tutte le religioni che propongono come ideale il raggiungimento della propria perfezione spirituale, del proprio equilibrio interiore, della propria purificazione – obiettivi che possono essere ottenuti anche nella solitudine e nell’isolamento più completi – il cristianesimo non può essere vissuto che in comunità e, per costituire una comunità, è necessario essere almeno in due. È la Chiesa che evangelizza ed essa comincia da due. Ecco perché anche l’eucaristia ha solo il compito quello di trasformare in Gesù colui che la riceve ma nello stesso tempo crea un Corpo solo di quelli che se ne nutrono.
Il progetto è comunitario di sua natura. Basta attuarlo in quel modo ed è già garantita la testimonianza e l’effetto. Non c’è bisogno di parlare troppo perché è esso stesso parola viva. Dice tutto sul contenuto del messaggio anche sulla strategia giusta per portarlo. Quando si dice mandato, esso mantiene la sua efficacia se rimane sempre tale. E sorprende come Gesù ne descriva i contenuti fino ai dettagli, e come gli apostoli facciano esattamente quello. L’unica cosa che viene richiesta, è la disponibilità a spendersi per Lui e con Lui. Il mandato è dentro la relazione con Lui che coinvolge nella sua missione; e l’invio a due a due lo esprime anche con più chiarezza. Nessuno dei due potrà mai vantare di aver preso l’iniziativa e che va a titolo personale.
L’unico potere poi che gli apostoli ricevono è lo stesso che ha esercitato Gesù: impartire ordini agli “spiriti immondi”. Per “spiriti immondi” si intendono tutte le forze che allontanano da Dio e dalla vita, suscitano cattivi sentimenti e causano oppressioni, violenze, ingiustizie.
Dal confronto con queste forze negative che dominano nel mondo, la comunità cristiana uscirà certo vittoriosa, perché il Maestro l’ha investita di una forza irresistibile, il suo stesso Spirito.
Chi annuncia il vangelo, fa capire Gesù, troverà sempre persone pie e generose che lo ospiteranno in casa loro, ma, com’è facile immaginare, il primo alloggio non sarà dei migliori, sarà una sistemazione di fortuna, piuttosto precaria, nella quale bisognerà adattarsi a vivere.
Poi Gesù di fronte alla mancata accoglienza suggerisce ai discepoli di compiere il gesto di “scuotere la polvere dai loro piedi”, non come un segno di rifiuto e disprezzo, ma “a testimonianza per loro, non contro di loro. Tale richiesta è segno di rispetto e invito a non insistere più del dovuto e così diventare assillanti e ottenere poi l’effetto contrario, quello di infastidire le persone e allontanarle definitivamente dalla fede. Gli apostoli vanno non per portare ma come bisognosi di essere accolti. Esattamente come Gesù che bussa alla porta – non la scardina dimostrando un potere! – e chiede semplicemente l’ospitalità, cioè un gesto di amore dato e ricevuto. È da questa accoglienza che poi nasce il dialogo unico e fondamentale che arriva al cuore. È qui importante riconoscere il valore della preghiera come relazione con Gesù e con il Padre e lo Spirito Santo che vivono con Lui, a cui si aggiungono Maria e i Santi; è essa la casa vera dei discepoli, da cui escono per mandato, agiscono per amore, e poi ritornano per raccontare ciò che hanno fatto ed è accaduto, cioè pregano. È un’avventura dalle alterne vicende ma chiuse dentro quella divina relazione!
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