Svolgo da molti anni il lavoro di infermiera professionale. Un mattino, durante il giro del reparto, sono entrata dove c’era un uomo di circa quarantanni. Era sofferente, con i capelli lunghi, la barba incolta, tremava. Era un barbone. Mi sono fermata davanti a lui. C’erano già tre medici che esaminavano la sua cartella clinica. Stavo valutando se rimanere o proseguire, quando ho sentito i medici lamentarsi a voce alta delle condizioni igieniche di quell’uomo e affrettarsi a portare a termine la visita perché infastiditi.
Ho provato grande dispiacere a sentire quelle frasi: anche quel malato povero e puzzolente era figlio di Dio. Quando i medici hanno lasciato la stanza, ho guardato in volto quell’uomo. Mi sono avvicinata per tentare, delicatamente, di eseguire la cura del suo corpo; era molto confuso, però sentivo che dovevo occuparmi proprio di lui in quel momento. Ho pensato subito di dare a quell’uomo una dignità, accogliendolo come persona.
Così mi sono rivolta al paziente, nel rispetto della sua volontà: “Che cosa dici, Fabio, se ti facciamo un po’ più bello tagliandoti barba e capelli?”. Inaspettatamente ha concentrato la sua attenzione su di me. Ne sono rimasta sorpresa, perché non ero certa che fosse in grado di rispondermi. Con aria esterrefatta ha detto: “Sì, ma tagliali corti corti”. Poco dopo è arrivata una compaesana di Fabio, lo ha visto così diverso dal solito e ha esclamato: “Ma voi, qui a Medicina, siete proprio delle brave persone! Avete cambiato Fabio che è emarginato da tutti e non si lascia toccare da nessuno”.
Il giorno dopo Fabio stava seduto su una poltrona in corridoio. Al vederlo mi ha sorriso e lui mi ha detto: “Perché mi sorridete sempre?”. Allora ho capito che se qualcuno gli si rivolgeva con amore, lui rispondeva attento e diventava più capace di relazione: una persona migliore. Oggi Fabio continua a vivere la sua vita. Per le strade lo vedo sempre in ordine, con un vestito pulito e la barba e i capelli tagliati. Ho toccato con mano come un gesto compiuto con amore evangelico possa cambiare la storia di una persona. (Anna)
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