22.09.2019 – 25^ Tempo Ordinario: Degni di fiducia a tutto campo – Lc 16,10-13

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,

Esaminiamo i quattro versetti

1. “Chi è fedele – degno di fiducia –  in cose di poco conto – in un affare di poca importanza -, è fedele – degno di fiducia – anche in cose importanti; e chi è disonesto – chi truffa – in cose di poco conto, è disonesto – è truffatore -anche in cose importanti.

In realtà se ci facciamo caso noi trascuriamo o non ci preoccupiamo di ciò che gli altri non vedono, cioè le piccole cose, gli angoli di casa nascosti, l’atto di carità spicciolo o anche i piccoli lavori da pagare fino allo scontrino.

Si tratta di piccole cose ma sono l’indice di un modo di pensare e di agire. È come la premessa ad altre omissioni più grandi che si tenta di nascondere agli occhi di altri.

Il piccolo, ciò che è nascosto, acquista un valore grande se è guidato dall’Amore e dalla giustizia che sono il segno di una vita retta, onesta e trasparente.

La fedeltà nella cosa di poca importanza è un’inversione di tendenza: un criterio diverso di gestire la vita.

Ricordiamo che il molto si vive tutto nel minimo!

2.     Se dunque non siete stati fedeli – degni di fiducia riguardo all’uso – nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera – il vero bene –?

Se si diventa servi del denaro che la fa da padrone come sarà possibile credere ed incarnare la logica del denaro che serve a far del bene, a realizzare sulla terra quella fraternità che è la felicità del cielo?

3.     E se non siete stati fedeli – degni di fiducia –nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

E se si fallisce nell’uso del denaro che serve a far del bene, come pensare di avere per se la capacità di avere il dono del Padre e di tanti fratelli e sorelle?

4.     “Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà – parteggerà – per l’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza – il denaro –

È questa una sentenza sconcertante: la ricchezza impedisce l’accesso a Dio!

Anzi si parla di servizio all’una o all’altro. E si tratta del regno delle tenebre (Lc 22,53), del forte che ha tutto in suo potere (4,6) e il Regno dei figli della luce (16,8), il regno del più forte che vince il forte (11,22).

Ora servire significa stare agli ordini… mentre gli ordini della ricchezza sono per il benessere di chi la possiede, quelli di Dio sono per il benessere di tutti in particolare di chi ha bisogno.

Uno diventa ciò dinnanzi a cui sta: ne rispecchia l’immagine. La perversione della ricchezza è quella di diventare il fine dell’uomo, suo idolo che lo rende simile a sé (cf  Sal 115,4-8) mentre l’adesione a Dio rende figli che, liberi da tutto, pur nella loro povertà, non mancano di nulla; infatti – assicura Gesù – “il Padre vostro sa di quali cose voi avete bisogno prima ancora che gliele chiediate” (Mt 6,8)

Facciamo nostro l’avvertimento di S. Paolo a Timoteo:

“Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. 

Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell’inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. 

L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti” (1^Tm 6,8-10).

1.  Curare le piccole cose in tutti i sensi, anche nell’amministrazione. Non dire mai: questo non è importante!

2.  Amministrare quel poco o tanto che si ha con trasparenza.

3.  Servire Dio che ci conduce ai poveri e a chi ha bisogno.