03.05.2020 – 4^ di Pasqua: Una porta sicura e una voce inconfondibile

03.05.2020 – 4^ di Pasqua: Una porta sicura e una voce inconfondibile

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,

L’ ovile era un recinto circondato da mura di pietra sulle quali venivano posti fasci di spine o lasciati crescere rovi per impedire alle pecore di uscire e ai ladri di entrare. Poteva trovarsi davanti a una casa oppure essere costruito all’aperto, lungo il pendio di una montagna; in questo caso era in genere utilizzato da più pastori che vi introducevano le pecore. Durante la notte; uno di loro vegliava, mentre gli altri dormivano. Armato di un bastone, costui si posizionava all’entrata dell’ovile – che non aveva porta – si accoccolava e, in quella posizione, sbarrando l’accesso, diveniva egli stesso “la porta”. In genere si appisolava, ma la sua presenza era sufficiente per dissuadere i predoni dall’accostarsi all’ovile e per impedire ai lupi di entrare nel recinto. Alle pecore si poteva avvicinare soltanto chi egli lasciava passare. Al mattino, quando ogni pastore si presentava alla porta, le pecore ne riconoscevano subito il passo e la voce, si alzavano in piedi e lo seguivano sicure.

Da qui parte Gesù per annunziare il messaggio che è Lui stesso.

Il Pastore è Lui, Gesù, che poi rivive in chi, accogliendolo, ne manifesta il volto.

Entra dalla porta, rispetta cioè la libertà dell’uomo ed entra solo se gli apre. Il pastore vero non si insinua nella vita con qualche sotterfugio o celando qualche interesse recondito. Non è un ladro che vuol possedere l’altro; un assassino che impedisce all’altro di vivere; un devastatore che crea disordine e frantumazione.

Egli chiama le sue pecore, “ad una ad una, per nome”, per conoscenza personale e profonda; non sono certo dei numeri.

“Esse lo seguono”, è dato per scontato. Conoscono – infatti – la sua voce”. È inconfondibile – tra tante che propongono messaggi – perché chiama a vivere in intensità massima. Sono abituate ai suoi discorsi e sanno distinguere i vari messaggi che li raggiungono. Non hanno più paura. Per chi entra per questa porta non è più importante ciò che poi egli farà perché sarà guidato da Lui. E’ Gesù ancora una volta il motivo dominante. Non ci possono essere altri scopi seppur belli e buoni. Perché se questi poi non si verificano, si riduce a niente anche la scelta. Mentre se è Gesù che si è scelto, si potrà anche fallire, ma Gesù resterà sempre.

Cammina davanti, affronta per primo ciò che chiede! Gesù, è sempre avanti a far la strada. Va solo seguito. E allora il problema diventa più semplice. Non si tratta di inventare qualcosa nella mente ma di donare a Lui cuore mente e forze perché possa servirsene per il suo progetto.

“Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro” (Gv 10,6)

“Disse loro di nuovo: Io sono la porta”

Si sa per dove passare. Egli, come porta, è divenuto nel momento in cui tutto sembrava chiudersi ai suoi occhi, allorquando la visione stessa di Dio, come Padre sembrava venire meno e Egli sentiva la mancanza di qualsiasi amore compreso quello di Colui, il Padre, che lo aveva mandato!

Dentro di Lui si affollava un turbinio di sentimenti in cima ai quali poteva esserci il senso di fallimento per una missione che gli era stata affidata: ricomporre l’umanità in una sola famiglia.

E lì non c’era nessuno, tranne sua Madre e il discepolo che Egli amava! Aveva, sì, detto: quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me! Ma in quel momento di fronte al buio completo non era facile vedere con occhi umani, i suoi occhi che erano diventati, paradossalmente, i nostri, la verità di quelle parole!

Egli è comunque andato avanti e non solo ha aperto una porta ma è diventato Lui la porta. La parte sua è fatta.

“Se uno entra attraverso di me, sarà salvo”

Passando attraverso di Lui cioè nella sua dimensione di dono, si è salvi: si può entrare, uscire e trovare pascolo, essere sazi definitivamente. Non resta che la nostra piccola parte, che consiste nell’ accostarsi a quella porta e nel passare al di là.

Come? Quando ci sorprende la delusione o siamo feriti da un trauma. Possiamo sempre ricordare il suo dolore che tutte queste prove e mille altre ancora, ha impersonato. Sì, Egli è presente in tutto ciò che ha sapore di dolore. Ogni dolore ha un suo nome, il suo.

Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10,10)

Egli è la vita e dona vita abbondante: dono ricevuto; vissuta in dono; dono eterno. Stare con Lui è vivere in prospettiva. Qua inizia, con fatica, la mia storia. È quella che è, finché non ci sarà risurrezione dove cade come scoria ciò che in essa non è verità.

L’ ovile era un recinto circondato da mura di pietra sulle quali venivano posti fasci di spine o lasciati crescere rovi per impedire alle pecore di uscire e ai ladri di entrare.  Poteva trovarsi davanti a una casa oppure essere costruito all’aperto, lungo il pendio di una montagna; in questo caso era in genere utilizzato da più pastoriche vi introducevano le pecore. Durante la notte; uno di loro vegliava, mentre gli altri dormivano. Armato di un bastone, costui si posizionava all’entrata dell’ovile – che non aveva porta – si accoccolava e, in quella posizione, sbarrando l’accesso, diveniva egli stesso “la porta”.In genere si appisolava, ma la sua presenza era sufficiente per dissuadere i predoni dall’accostarsi all’ovile e per impedire ai lupi di entrare nel recinto. Alle pecore si poteva avvicinare soltanto chi egli lasciava passare. Al mattino, quando ogni pastore si presentava alla porta, le pecore ne riconoscevano subito il passo e la voce, si alzavano in piedi e lo seguivano sicure.

Da qui parte Gesù per annunziare il messaggio che è Lui stesso.


Il Pastore è Lui, Gesù,che poi rivive in chi, accogliendolo, ne manifesta il volto.

Entra dalla porta, rispetta cioè la libertà dell’uomo ed entra solo se gli apre. Il pastore vero non si insinua nella vita con qualche sotterfugio o celando qualche interesse recondito.Non è un ladro che vuol possedere l’altro; un assassino che impedisce all’altro di vivere; un devastatore che crea disordine e frantumazione.

Egli chiama le sue pecore,“ad una ad una, per nome“,per conoscenza personale e profonda; non sono certo dei numeri.

“Esse lo seguono”, è dato per scontato. Conoscono– infatti – la sua voce”.È inconfondibile – tra tante che propongono messaggi –  perché chiama a vivere in intensità massima. Sono abituate ai suoi discorsi e sanno distinguere i vari messaggi che li raggiungono. Non hanno più paura. Per chi entra per questa porta non è più importante ciò che poi egli farà perché sarà guidato da Lui. E’ Gesù ancora una volta il motivo dominante. Non ci possono essere altri scopi seppur belli e buoni. Perché se questi poi non si verificano, si riduce a niente anche la scelta. Mentre se è Gesù che si è scelto, si potrà anche fallire, ma Gesù resterà sempre.

Cammina davanti, affronta per primo ciò che chiede! Gesù, è sempre avanti a far la strada. Va solo seguito. E allora il problema diventa più semplice. Non si tratta di inventare qualcosa nella mente ma di donare a Lui cuore mente e forze perché possa servirsene per il suo progetto.

“Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro” (Gv 10,6)

 “Disse loro di nuovo: Io sono la porta”

Si sa per dove passare. Egli, come porta, è divenuto nel momento in cui tutto sembrava chiudersi ai suoi occhi, allorquando la visione stessa di Dio, come Padre sembrava venire meno e Egli sentiva la mancanza di qualsiasi amore compreso quello di Colui, il Padre, che lo aveva mandato!

Dentro di Lui si affollava un turbinio di sentimenti in cima ai quali poteva esserci il senso di fallimento per una missione che gli era stata affidata: ricomporre l’umanità in una sola famiglia.

E lì non c’era nessuno, tranne sua Madre e il discepolo che Egli amava! Aveva, sì, detto: quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me! Ma in quel momento di fronte al buio completo non era facile vedere con occhi umani, i suoi occhi che erano diventati, paradossalmente, i nostri, la verità di quelle parole!

Egli è comunque andato avanti e non solo ha aperto una porta ma è diventato Lui la porta.La parte sua è fatta.

“Se uno entra attraverso di me, sarà salvo”

Passando attraverso di Lui cioè nella sua dimensione di dono, si è salvi: si può entrare, uscire e trovare pascolo, essere sazi definitivamente. Non resta che la nostra piccola parte, che consiste nell’ accostarsi a quella porta e nel passare al di là.

Come? Quando ci sorprende la delusione o siamo feriti da un trauma. Possiamo sempre ricordare il suo dolore che tutte queste prove e mille altre ancora, ha impersonato. Sì, Egli è presente in tutto ciò che ha sapore di dolore. Ogni dolore ha un suo nome, il suo.

Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10,10)

Egli è la vita e dona vita abbondante: dono ricevuto; vissuta in dono; dono eterno.Stare con Lui è vivere in prospettiva. Qua inizia, con fatica, la mia storia. È quella che è, finché non ci sarà risurrezione dove cade come scoria ciò che in essa non è verità.