08.09.2024 – 23^ Domenica del Tempo Ordinario: Ascoltare e parlare
, Con 0 Commenti, Categoria: Commento al Vangelo, Liturgia,Il gesto compiuto da Gesù per guarire il sordomuto e passato, anche se con qual-che variazione, nel rito del battesimo. Ci sono tanti battezzati, tuttavia, che rimangono “muti” e molti di più , purtroppo, che restano “sordi”.
Muti perché non parlano con Dio, non trovano il tempo per dialogare con lui, se non in modo del tutto fugace ed estemporaneo, che nulla ha a che fare con un’autentica relazione.
Sordi perché chiusi in modo impermeabile alla sua Parola, al punto che il loro presunto cristianesimo ne risulta del tutto estraneo.
Ma e proprio così importante – viene da chiedersi – ascoltare e parlare nell’ambito della fede? Non potrebbero essere sopperiti dai riti e dai simboli?
Tocchiamo con mano una questione di non poco conto nell’ambito della nostra adesione a Cristo.
Una buona comunicazione non può prescindere dall’ascolto e dalla parola: sono queste due realtà ad assicurarne il buon funzionamento e a salvarci da molte patologie.
Senza ascolto c’è il rischio che l’altro non venga accolto per quello che e effettivamente – nella sua distanza, nella sua diversità , nella sua originalità . Nel caso di Dio c’è il pericolo che egli venga ridotto a un “idolo” che assume il volto che gli attribuiamo noi.
Senza una parola che fuoriesca dalle labbra e dal cuore, si corre il pericolo che il messaggio che abbiamo ricevuto, l’appello che ci ha raggiunto, rimanga senza risposta, come soppeso.
Senza questi “passaggi” ineludibili il rito e il simbolo rischiano di diventare qualcosa di magico e di equivoco. Non serve difendere le croci e i crocifissi di legno o di pietra se poi, di fatto, si irride al Vangelo di Gesù . E anche compiere gesti sacri può assumere un significato molto diverso se ci si aspetta che Dio intervenga a prescindere dalla nostra adesione a lui e alla sua Parola.
Trasmettere la fede e , di conseguenza, un compito che si onora veramente quando si insegna ad ascoltare Dio e a parlare con lui, quando si trova il tempo per fermarsi e lasciarsi trasformare dalla sua grazia. Troppo spesso accade che andiamo da Dio per convincerci che siamo nel giusto e non per farci cambiare da lui.
Non, quindi, come molti affermano: “Mi porto Dio nel cuore”, ma piuttosto: “Vorrei essere nel cuore di Dio”.
Roberto Laurita
Ascoltare e parlare
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